Direi che, dopo un annetto circa, è giunto il momento di fare outing.
No, non pensate a scabrosi segreti inconfessati e inconfessabili: non sono andata al cinema a Natale a vedere l'ultima boiata di De Sica & co.
Oggi voglio finalmente spiegare come mai, nonostante le richieste che mi sono giunte da ogni dove, nonostante tutti gli inviti che mi hanno raggiunta al mio indirizzo e-mail, anche da parte di persone che non ho la più pallida idea di chi siano, nonostante le mie infinite (ma vaghe) promesse, non mi sono mai iscritta a Facebook.
Sappiate che tutte le argomentazioni che mi sono state portate come prove dell'indispensabilità e della bellezza di questa esperienza sono state dalla sottoscritta soppesate accuratamente.
E le conclusioni alle quali sono giunta mi hanno portata a pensare che posso sopravvivere anche senza un account su Facebook.
A qualcuno potrà sembrare assurdo, ma è la pura e semplice verità.
La prima argomentazione a favore dell'iscrizione da parte dei Facebook-maniaci recita che è un modo per tenersi in contatto con i propri amici.
Devo dire che è una cosa della quale sentivo il bisogno, infatti, ogni volta che devo parlare con uno di loro, mi vedo costretta a ricorrere ai segnali di fumo o ai piccioni viaggiatori.
Quando ero adolescente, negli ormai remotissimi anni Novanta, l'unico mezzo per comunicare con gli amici era il telefono fisso della propria abitazione.
Qualche volta, specie agli amici più lontani, ci si azzardava anche a scrivere una lettera.
Per i lettori più giovani, spiegherò che una lettera è simile ad un'e-mail, solo che si scrive su un foglio con una penna (come i compiti in classe), si mette in una busta (quella cosa che regala la nonna a Natale con dentro i soldi, solo che al posto dei soldi ci si mette il foglio scritto) e si spedisce all'amico in questione tramite la posta (che è quel servizio con cui, qualche volta, arrivano i pacchi dei videogiochi comprati on-line).
Poi arrivarono i telefonini, gli SMS, gli MMS, le e-mail, Messenger & simili, con tanto di webcam e microfoni...
...e qualcuno fa ancora fatica a contattare i propri amici?
Mi sembra difficile, a meno di vivere nel cuore del deserto del Sahara o nella tundra siberiana e, anche in quei casi, non ne sarei del tutto sicura.
La seconda strabiliante possibilità offerta da Facebook è quella di potersi iscrivere a gruppi con ogni finalità possibile: dalla lotta all'estinzione del gorilla albino alla traduzione di Harry Potter in aramaico.
In più, puoi diventare fan di ciò che preferisci, siano essi i film dei fratelli Vanzina, le palle souvenir con la neve, Gigi d'Alessio o il decoupage.
A parte il fatto che un sito che offre di ufficializzare la passione per i film dei Vanzina sarebbe da oscurare, sappiate che io sono fan di Ewan McGregor, dei peluche Trudi, di J.K. Rowling, della Nutella, delle vacanze ai Caraibi, dei libri di Baricco, di Luciana Littizzetto, della lavastoviglie e di milioni di altre cose senza averlo dovuto comunicare al mondo attraverso Facebook.
Una volta che gli altri utenti hanno scoperto la mia passione per far scoppiare le bollicine degli imballi di pluriball, cosa cambia?
Iniziano a scrivermi dicendomi che sono una pervertita e dandomi consigli per uscire dal tunnel oppure trovano il coraggio di ufficializzare che condividono questa peccaminosa passione?
Mistero della fede.
L'argomento principe dei sostenitori del social network, però, è questo: puoi ritrovare le tracce di persone con le quali hai perso i contatti da tempo, come i tuoi compagni di scuola alle elementari e alle medie.
Eh, beh, questo sì che mi convince: sono indecisa se cercare quelli che mi emarginavano, quelli che mi prendevano in giro, quelli che non mi invitavano alle feste di compleanno, quelli che non volevano parlare con me o semplicemente quelli che mi odiavano, tutto questo per il semplice motivo che ero timida, imbranata e, last but not least, la prima della classe.
Anche perchè, se ho perso i contatti con della gente da lungo tempo, dovrò pur aver avuto un ottimo motivo, no?